Le festività Pasquali ci indicano a fare una riflessione che solo apparentemente è populistica, ma che in effetti è un invito a tutti a considerare la situazione. Oggi in Italia, e quindi anche nei nostri Comuni sono tantissimi i partiti che si definiscono di ispirazione cattolica. Un tempo c’era la sola Democrazia Cristiana che aveva deciso di fare della politica sociale del Vangelo la sua politica. Oggi la DC non esiste più, ma quasi tutti i partiti cercano in qualche modo di rivendicarne l’eredità. Anche i vecchi comunisti, fieri avversari in un’epoca in cui le ideologie erano sincere, adesso strizzano l’occhio all’elettorato che si ritiene vicino alla Chiesa Cattolica. Tutti a parola lo sono, ma quanti in realtà mettono in pratica la dottrina cristiana? Non si tratta di diventare una nazione modello islamico, che fa di una legge morale la legge dello stato. Ma politici che per accaparrare voti si definiscono cattolici dovrebbero tenere uno stile di vita consono a quello dettato dal Vangelo? Lo diciamo subito: non è un discorso bacchettone, che va a guardare a certi comportamenti della sfera sessuale dei singoli politici. Quello che i politici fanno nella loro vita privata, non ci interessa. Molto più ci interessa verificare che la loro condotta in altri ambiti sia in linea con la religione che dicono di professare. L’onestà dovrebbe essere il faro della loro vita, anche in ambito politico. Il concetto di non fare ad altri ciò che non vorresti fosse fatto a te non deve solo essere uno slogan di facile presa in Chiesa, ma un modello di vita concreto. Francamente da questo punto di vista la distanza tra i politici nostrani ed il modello dettato dal vangelo ci sembra enorme. A molti di loro non interessa affatto. Fanno sistematicamente agli altri ciò che non vorrebbero fosse fatto a loro. Almeno abbiamo la compiacenza di non definirsi cristiani. Non lo sono neanche lontanamente.
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