Il 20 settembre è una data da ricordare, un momento storico per lo Sport, che fa il suo ingresso nella nostra legge fondamentale: la Costituzione. Ingresso che non è puramente formale, ma che ha un significato enorme poiché sancisce un vero e proprio “diritto allo sport” con contestualedovere della Pubblica Amministrazionedi promuovere politiche attive e destinare investimenti pubblici a favore dell’attività sportiva.
Eppure l’approccio del Comune di Arzano rispetto al tema dello Sport non è cambiato affatto. Che sia o meno nella nostra Carta Costituzionale, poco interessa. Neppure i consistenti fondi messi a disposizione dal senatore Franco Silvestro per la ristrutturazione del campo sportivo sembrano scuotere l’attuale Amministrazione: ben 1.700.000 euro giacciono in attesa che qualcuno finalmente si desti.
Ed è appena il caso di sottolineare che ristrutturare il “Sabatino De Rosa” non significa solo tornare a vedere la squadra del cuore giocare, ma significa, soprattutto, dare ai giovani della nostra città la possibilità di godere di tutti i benefici connessi alla pratica sportiva, tenendoli lontani dalla strada e dagli smartphone. È, infatti, notorio, il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell’attività sportiva in tutte le sue forme. Benefici di cui tutti dovrebbero giovarsi per rendere concreta la finalità specificatadal Dipartimento per lo Sport, riassumibile nell’assioma “sport per tutti e di tutti”.
Ciò nonostante lo stadio comunale “Sabatino De Rosa” continua ad essere la prefetta sintesi della atavica inefficienza della politica arzanese e della persistenza di una scala di valori nella quale lo sport non sembra trovare cittadinanza.
Ormai lo stadio non è altro che un rudere, sempre più decadente, che offende valori costituzionalmente garantiti e testimonia l’assenza di una classe politica locale, da troppo tempoincapace di assecondare le legittime istanze provenienti dalla società civile.
Allo stato, non solo non è stata intrapresa alcuna iniziativa concreta, ma lo stato dei luoghi è reso ancora più mortificante e indegno di un paese civile dal deposito di rifiuti nel piazzale antistante l’impianto sportivo e dalle erbacce che ivi continuano a crescere senza sosta: oltre al danno della abdicazione allo sport, la beffa di vedere che ciò che dovrebbe essere un luogo di socializzazione e di benessere non è altro che un luogo di abbandono incotrollato di spazzatura.
E magari, chissà!, la colpa è anche dei tanti che continuano a girarsi dall’altro lato, o che sottolineano che anche nei paesi limitrofi lo sport è al palo. Ebbene a costoro vorrei ricordare il pensiero di Aleksandr Solženicyn, il quale, nel suo saggio “Il respiro della coscienza” argutamente scrisse: “Se siamo immersi, tutti quanti, e ognuno individualmente, nel letame e nel fango, è per volontà nostra, e non sarà il fango dei vicini a far sembrare quello che insozza noi acqua di fonte”.