( di Margherita De Rosa) Presso la chiesa del S.S. Sacramento della Congregazione delle Suore Vittime Espiatrici di Gesù Sacramentato, la scorsa domenica nuovi adoratori laici sono stati consacrati dal Vescovo Emerito, S.E. Monsignor Vincenzo Pelvi, alla presenza della Madre Generale, suor Carla Di Meo, della Responsabile di tale gruppo di preghiera, Suor Giocondina Ciervo, della Presidente dello stesso, la signora Annamaria Credendino e di un folto numero di fedeli. E’ stato bello poter constatare che in un’epoca in cui la fede sembra un valore sbiadito, in tanti avvertano il bisogno di adorare Cristo, di vivere con Lui una relazione profonda, insomma di riscoprire una spiritualità intensa, capace di mutare l’essenza stessa della persona. Ed è proprio su tale aspetto che si è ampiamente soffermato il Vescovo in quella che è stata una sorta di catechesi propedeutica alla celebrazione. Egli ha riferito, in merito all’Eucarestia, quanto dichiarato da una donna che, non essendosi avvicinata al Sacramento in questione, affermava che “qualcosa le mancava” … «Ebbene-ha sottolineato il Presule- più che avvertire la mancanza di qualcosa, è veritiero percepire la mancanza di “Qualcuno”: l’Eucarestia non è “qualcosa”, non è un oggetto, un prodigio: è una presenza! Nel Sacramento dell’Eucarestia è racchiusa l’intera esistenza di Gesù, che viene ad abitare in ognuno di noi: si tratta di una presenza umana e divina…il gesto che racconta l’immenso amore di Dio per noi è proprio lo spezzare il pane della gratuità e della misericordia. Chi mangia il pane spezzato è assimilato a Gesù. Quando ci cibiamo del nutrimento divino, deve necessariamente cambiare in noi il modo di osservare, di essere, di sentire, di relazionarci. Se Gesù ha dato la sua vita per me, allora quello che offro, quello che opero per gli altri deve costituire un segno tangibile della presenza di Dio nel mio agito, perché Dio è realmente in me; dopo esserci comunicati, tutti dovremmo mutare il nostro comportamento, testimoniando la presenza di Cristo mediante la vita concreta. Ma, in realtà, chi incontra Gesù Eucarestia avverte questo particolare fascino, emanato da tale sacramento? Lo spezzare il pane che avviene sull’altare deve essere reso visibile: chi non conosce Gesù deve avvertire un palpito divino e ciò si verifica solo se vi è sincerità…Pensiamo ad una madre: anch’ella è un’Eucarestia vivente, che oltre a nutrire col suo latte la propria creatura, le dona emozioni, sensazioni, le trasmette la vita nella sua pienezza, per cui il bambino cresce, cambia, si trasforma e allo stesso modo, quando riceviamo tale Sacramento, dobbiamo necessariamente mutare, diventare per tutti amici che sanno tramettere tenerezza, individui capaci di assistere benevolmente un anziano; i momenti in cui testimoniamo la presenza di Cristo vivo nella nostra esistenza sono quelli in cui facciamo spazio alla gratitudine, alla convivialità: questi sono gesti eucaristici! Se invece riceviamo l’Ostia come se fosse un rituale nulla cambia nella nostra vita e allora siamo molto lontani dall’essere veri seguaci di Cristo, poiché lontani dalla vera bontà… dobbiamo pensare che Gesù si trasforma in noi, respira nel nostro respiro, e proprio per questo dovremmo somigliare maggiormente a Lui. E’ opportuno, inoltre, riflettere sullo svuotamento delle Chiese, prendere atto che Cristo è un escluso dalla nostra vita…ecco perché pur partecipando alla mensa domenicale non riusciamo a far sì che Egli viva nel nostro quotidiano….tutto si riduce ad una sterile routine, per cui tanta ipocrisia circola tra noi cristiani e quanti rancori nutriamo noi che pure frequentiamo la chiesa: ci preoccupiamo della profanazione del Tabernacolo e non ci scandalizziamo della profanazione che viene perpetrata a danno del nostro fratello con la guerra, la violenza, l’omicidio: tutto perché si vive per il potere, la ricchezza, e alla fine si muore dannati…legarsi troppo a determinati beni rende infelici, perché più si ha meno si è, viceversa, meno si ha più si è : questo è il messaggio del Vangelo, ma siccome quest’ultima logica non prevale, allora si continua a profanare Gesù negli altri, soprattutto nei più deboli…ma se Cristo vive realmente in me, come dovrei comportarmi con l’altro? Io ho l’obbligo di essere la manifestazione tangibile della presenza di Gesù nella mia vita mostrandomi accogliente, sorridente, fermandomi al fine di colloquiare col fratello, chiunque egli sia…ciò che viene proclamato nelle chiese è nullificato se non testimoniato dalla nostra condotta di vita veramente eucaristica: ciò significa farsi dono pur nella nostra imperfezione: consideriamo Pietro, chiese al Signore di allontanarsi in quanto si riconosceva peccatore, ecco, Cristo ha scelto proprio uomini indegni, all’apparenza, per farne i suoi apostoli, i suoi profeti, in quanto Egli trasforma, trasfigura, eleva… Quindi ciascuno di noi può farsi portatore della parola di Cristo testimoniando valori come fraternità, amicizia, amore, solidarietà, diventando, come Gesù, portatore di tenerezza, benevolenza, gentilezza…chi gioisce è colui che dona tali gesti d’more, non solo chi ne è destinatario. Tuttavia bisogna tener presente che essere al servizio degli altri, senza porre in primo piano Gesù Cristo significa perseguire i propri interessi, così come avere con gli altri un rapporto che non ponga in primis Cristo crea una relazione narcisistica: senza Cristo, l’interfacciarsi col prossimo è viziato dal tornaconto personale o da giochi di potere e allora l’Adorazione ha proprio lo scopo di ricordarci tutto ciò. Essere in adorazione, inoltre, significa permettere a Cristo di entrare nel segreto dei nostri cuori, nelle zone d’ombra che sono nel nostro intimo, così da trasformare il buio in luce e far sì che dal nostro volto traspaia lo splendore della gioia che solo dalla profonda unione con Cristo può essere generata. Adorare, dunque, per amare: mettersi a tu per tu con Cristo significa riempirsi del suo amore, riscoprendo la vera libertà: sì, perché Dio libera e consente a ciascuno di ritrovare sé stesso, liberandolo dalle fuliggini del superfluo e del vano! E’ vero, a volte accade che ci sentiamo come delusi dall’Altissimo, che pare sordo alle nostre invocazioni: ma questo accade allorché ci costruiamo un Dio a nostra immagine: nell’Adorazione invece bisogna accogliere Cristo e lasciarsi accogliere da Lui. Lo starGli innanzi non dovrà essere vissuto come un obbligo sterile o, ancor peggio, come un peso e, anche se a volte sembrerà di non percepire nulla, di non vedere alcunché, se pure avvertissimo un silenzio totale, non dovremo scoraggiarci, poiché è naturale che la nostra anima, per quanto immortale, abbia difficoltà nell’incontro con l’Infinito, con il Sovrumano che si materializza nell’Eucarestia…dobbiamo pensare, più umanamente, all’ Adorazione come ad una relazione d’amore, grazie alla quale si entra nell’Altro, penetrando il suo mistero…questo specialissimo sentimento va oltre la fisicità, in quanto prende forma un essere cuore a cuore con Gesù senza alcuna forzatura, senza frasi fatte, ed è in questo modo che si è finalmente in grado di riporre tutta la nostra fiducia nell’opera di Dio e di imitare quel Cristo che ama incondizionatamente, accogliendo tutti in un unico identico amore, quell’amore che ha come emblema il sorriso, quell’amore che è sorgente del bene, quell’amore che sorprende…il Pane degli Angeli, di cui ci cibiamo, alimenta il fuoco di questo straordinario amore generato da un Cristo che è vivo e vive in noi, a patto che glielo consentiamo. Poniamoci dunque al cospetto dell’Eucarestia con le nostre debolezze, poiché in Essa vi è il Crocifisso, icona per antonomasia di fragilità ma anche di vittoria, e allora la nostra vita si arricchirà di un senso nuovo: porre al centro della propria esistenza Cristo, adorandoLo ma anche pensando a Lui appena svegli, dedicandogli un po’ del nostro tempo renderà più sereno il nostro esistere. L’Adorazione Eucaristica, dunque, non è altro che l’atto grazie al quale rafforziamo la nostra amicizia con Gesù e, seguendo le orme di Santa Cristina Brando, vivremo nello spirito dell’offerta di noi stessi al prossimo, offerta che ella realizzò mediante il servizio e la preghiera, una preghiera grazie alla quale la Fondatrice di questa congregazione percepiva realmente la presenza di Dio e si sentiva da lui amata, protagonista di una mistica fusione! Come l’Innamorata dell’Eucarestia, dunque, abbandoniamoci ogni giorno a Dio, impegniamoci per costruire il suo regno di pace e d’amore tra noi e nell’intero mondo”. Dunque, un invito forte e sentito, quello del Vescovo Emerito Vincenzo Pelvi, ad essere adoratori veri, non di facciata, adoratori che sappiano trarre dal contatto intimo e silenzioso col Cristo immolato l’energia, la forza e il desiderio di essere veri testimoni di colui che ha amato gli uomini fino all’estremo sacrificio di sé: Egli non ci chiede tanto, ci accetta con le nostre debolezze e i nostri peccati ma ci sollecita, nel contempo, a cambiar vita così da poter risplendere di quella luce di speranza che il mondo ha smarrito e che ritroverà solo tornando a Cristo, che si fa cibo per l’umanità, senza essere mai stanco delle ingratitudini e continuando ad amare l’uomo, comunque e ovunque egli sia.