Casoria, Casavatore, Arzano: vince l’astensionismo, perde la politica. E, ancora una volta, si spalanca la porta dell’inferno.

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Le recenti elezioni europee ed amministrative non sono state foriere di sorpresa alcuna. Ad Arzano il Movimento 5 stelle è stato il partito più votato, a seguire il PD e Fratelli d’Italia; Idem a Casoria; a Casavatore lo scenario è stato più o meno simile, con pentastellati e piddini giunti primi ex aequo.

Anche il solito protagonista indiscusso delle elezioni è stato il medesimo in tutti i citati comuni: l’astensionismo ancora una volta stravince.

Ormai, la partecipazione è crollata in ogni ambito: sociale, associativo e politico. E la solita cantilena per cui andare a votare è un dovere civico non solo non convince, ma suona quasi come un’offesa all’intelligenza: la gente non ne può più del “meno peggio”: è stanca di sentir parlare di una libertà di voto che, di fatto, non c’è. Perché non ha senso parlare di libertà se poi la politica impone i soliti, famigerati personaggi. L’elettore, invero, vota semplicemente un simbolo. Chi sarà eletto, tuttavia, è scelta riservata ai partiti. I quali, giovandosi di un sistema elettorale – quello proporzionale – che riduce ai minimi termini l’autodeterminazione politica, piazzano nei cosiddetti listini i soliti servi del potere. La farsa che periodicamente ci propinano col nome di “elezioni” non è altro che una cooptazione in favore di amici, parenti, simpatizzanti e burattini vari.

E poi ci si meraviglia se i cittadini disertano le urne! Una scelta che sta raggiungendo soglie preoccupanti. E più preoccupanti ancora sono le ragioni sottese al “gran rifiuto” ad esercitare il diritto-dovere di recarsi alle urne, essendo palese che siffatta opzione non è altro che una ritorsione dell’opinione pubblica nei confronti dei partiti.

Dalle nostre parti non sembrano esserci alternative. Delle due l’una: o il cittadino accetta di essere vittima del potere e della politica, o strumentalizza il potere e la politica per sopraffare gli altri. Se si desidera semplicemente essere un cittadino, esercitare i propri diritti, rimanendo fuori dall’agone per il potere, si finisce inesorabilmente  tra gli esclusi.

È questa l’amara verità, che spiega la fuga dei migliori da siffatto modo di intendere la politica e la rappresentanza in generale. E se la fuga non è spontanea, ci pensano i politicanti di turno – con metodi più o meno ortodossi – ad allontanare chi solo osa turbare un sistema incancrenito e malato fino al midollo: un circolo vizioso, che autoalimenta la mediocrazia, la corruzione ed il degrado della politica e delle classi dirigenti.

A conferma di quanto precede, basta porre mente alla vergogna cui si assiste in tema di garanzia effettiva del diritto di voto. A Casavatore, per dirne una, un istituto scolastico, sede elettorale, presentava barriere architettoniche insormontabili, che hanno impedito agli sventurati disabili di turno di votare, senza che nessuno si preoccupasse di spiegare a costoro come avrebbero potuto rimediare a tanto. Insomma, un’odissea, nel totale disincanto dei sedicenti rappresentanti del popolo. Si blatera di astensionismo, ma è ormai evidente che i politici-politicanti locali non hanno prodotto nulla che invogli il cittadino ad esprimere la propria opinione nella cabina elettorale.

È triste dirlo: resta e resiste il solo il voto clientelare, ormai istituzionalizzato, e, di fatto, legalizzato. Assistiamo così a incontri occulti, a pizzini rifilati nei pressi dei seggi e, qualche volta, anche a pseudo-comizi, che in realtà mascherano biechi e pragmatici interessi di poltrona.  La politica sovente parla di cambiamento; nondimeno nulla vuole cambiare. Il motto resta sempre quello di gattopardiana memoria: che tutto cambi affinché nulla cambi.

Nulla muta, e il singolo che vuole provare  a cambiare si scontra con un sistema irriformabile, che alla fine non lascia scampo e impone un monito nudo e crudo: scordati di poter servire: o comandi, o sei comandato. O sei vittima, o sei carnefice.    Nessun partito politico operante sui nostri territori si è posto il problema, perché riformare la natura del potere significherebbe accantonare coloro che detengono tale potere. E nessuno degli eroi che hanno devastato i nostri comuni ha mai pensato al proprio superamento, perché tutte le energie dei nostri politici-politicanti sono rivolte alla propria eterna riproposizione nei ruoli di potere. La rappresentanza è essenzialmente affermazione personale, con i mezzi più beceri e niente affatto meritocratici. Il potere, da noi, non è un mezzo, ma un fine, che travolge ogni moralità; il potere, da noi, è consacrazione del principio machiavellico per cui il fine giustifica i mezzi!

In questo scempio totale persiste un degrado indicibile delle nostre comunità, che, manco a dirlo, si piazzano sempre agli ultimi posti delle classifiche inerenti alla qualità della vita, e ai primi di quelle poco edificanti. Ma una consolazione c’è: con la fine della campagna elettorale, finalmente, non vedremo, almeno per un po’, i ritratti improponibili di personaggi in cerca di poltrone; non ascolteremo più vergognosi slogan, proposti da soggetti che incarnano il nulla intellettuale e culturale. Addio anche a convegni, pizze e piazze. Che, anche questa volta, sono rimaste sempre più vuote.

Ma è davvero questa la politica che dovrebbe spingere i migliori talenti dei nostri comuni all’impegno civico? Ma non scherziamo!  Questo è un letamaio, nel quale sguazzano prevalentemente faccendieri, inetti e i servi sciocchi; questa è la porta dell’inferno, attraverso la quale si va tra le “città dolenti” di Casoria, Casavatore ed Arzano, e tra la “perduta gente”, che ha la sola colpa di essere entrata a far parte dei rispettivi territori, e alla quale la politica ha lanciato il consueto inequivocabile messaggio: “lasciate ogni speranza voi ch’entrate”!